Tutti ricerchiamo la velocità in produzione, caratteristica che, tradotta in altri termini, significa efficienza di processo. Ma cosa s’intende per velocità? Una pressa piegatrice veloce non è quella i cui assi di movimento Y, X, R ed eventualmente Z vengono azionati più rapidamente di un’altra.
La velocità di una pressa piegatrice la si deve giudicare solamente in funzione della qualità dell’apporto che fornisce all’intero processo produttivo.
Per questo è importante e interessante conoscere le evoluzioni della tecnologia, con i limiti ad essa connessi via via superati: serve per poter scegliere la macchina più veloce in funzione di ciò che facciamo e di quello che il mercato offre.
La velocità rappresenta una componente quanto mai relativa che solo assieme ad un costruttore di presse piegatrici evoluto può essere raggiunta e superata grazie alle proposte che più si addicono alle tue esigenze.
Ma prima è assolutamente necessario fare una piccola carrellata sulle tecnologie ormai in disuso ma che, a loro modo, hanno contribuito al raggiungimento degli standard odierni.
Se la piegatura “a tre punti” (vedi il manuale di pressopiegatura) ruota attorno ad un concetto tutto sommato apparentemente semplice, molteplici sono state nei decenni le tecnologie che hanno tentato di ottenere lo stesso effetto, ossia l’avvicinamento controllato di un punzone ad una matrice nel modo più rapido e preciso possibile.
Ormai in disuso, hanno segnato gli albori della piegatura. Collegate ad un volano e ad un movimento simile alle presse eccentriche da stampaggio, fornivano una spinta concentrata e apparentemente molto rapida.
Infatti, in assenza di una grande precisione o di registri regolabili comodamente, la sola velocità della traversa Y diventa del tutto insufficiente nell’ottica di un reale miglioramento del processo.
Da aggiungere sicuramente il fatto che risultavano essere molto pericolose.
Sicuramente tra le macchine più storiche. Prodotte dalla ormai scomparsa azienda francese Promecam, prevedeva una anticonvenzionale risalita del banco in luogo della classica discesa della traversa su cui vengono fissati i punzoni.
Apparentemente identiche alle idrauliche sincronizzate utilizzate anche al giorno d’oggi, rappresentano in tutto e per tutto le loro antesignane. I due cilindri venivano sincronizzati nella discesa attraverso l’utilizzo di un semplice sistema di leverismi collegati ad una barra di torsione.
I fine corsa, invece, erano spesso costituiti da due chiocciole mosse da alberi a giunti cardanici che spostavano, di fatto, le battute di arresto dei cilindri.
Rappresentano la grande maggioranza delle macchine utilizzate nelle carpenterie moderne.
I due cilindri sono indipendenti e governati dall’azione di apposite valvole proporzionali.
Possono essere considerate un ottimo compromesso per il raggiungimento della massima velocità di esecuzione di cui abbiamo bisogno.
Se aggiungiamo infatti che ad una tecnologia ormai matura e affidabile possiamo aggiungere accessori come registri posteriori multi-asse, accompagnatori, controlli numerici grafici e molto altro, potrebbe rappresentare sicuramente la tecnologia che fa più al caso tuo.
A volte chiamate superficialmente elettriche, rappresentano piuttosto la naturale evoluzione delle idrauliche sincronizzate. In questo caso la velocità è molto elevata, grazie all’abbinamento di una precisione sconosciuta alle tecnologie precedentemente descritte. Il segreto è la presenza di due motori brushless che movimentano in maniera diretta due camere d’olio separate e molto più piccole. Ne consegue che la velocità e la precisione vengono così accompagnate da consumi estremamente ridotti.
Rappresentano una nicchia che le vede più adatte a specifici tipi di lavori. Possono essere movimentate con delle cinghie o delle viti a ricircolo in trazione o compressione.
Un altro aspetto molto importante, anche se non sembra assolutamente connesso con la velocità, è la dimensione della pressa piegatrice.
Ragionando infatti in termini di velocità di flusso e non di singola macchina, è da prendere in considerazione la possibilità di dotarsi di una pressa piegatrice dalle dimensioni compatte o molto compatte. Questo vale soprattutto per un terzista con una produzione reale che preveda l’80% o oltre di pezzi sotto i 1500-2000 mm di lunghezza di piega. Una valida alternativa dunque può essere anche affidarsi ad un costruttore che possa avere nel proprio catalogo una macchina piccola ed estremamente veloce che sgravi buona parte del lavoro in termini di varietà e cambi attrezzaggio.